Lorenzo Lotto

Nato a Venezia intorno al 1480, l’artista sceglie di trasferirsi giovanissimo a Treviso dove la sua presenza è documentata almeno dal 1503 al 1506 pur con continui spostamenti a Venezia.
Nella città dell’entroterra veneto entra in rapporto con la cerchia umanistica del vescovo Bernardo De Rossi da Parma, un raffinato circolo di studi spirituali, alchemico-filosofici e letterari che lo porta ad una veloce maturazione intellettuale e artistica e gli assicura ben presto commissioni vantaggiose e remunerative. Partendo da Treviso alla volta di Recanati, nell’ottobre del 1506, l’artista ha in animo di ritornare il prima possibile, ma le cose vanno diversamente ed egli tornerà a Treviso soltanto nell’ estate del’32 e anche Venezia lo vedrà assente fino al ’25, quando, provenendo da Bergamo,e conscio della propria maturità artistica, cercherà ancora una volta in patria quella affermazione sfuggitagli in gioventù.
Nell’ottobre del 1506 il Lotto è dunque nelle Marche e si accinge a metter mano al grandioso polittico commissionatogli dai PP. Domenicani di Recanati che costituisce la sintesi visiva di tutto un percorso di formazione contrassegnato da una grande complessità di letture e di rimandi culturali e che chiude il ciclo giovanile della sua attività.
Nel 1508 si trova a Roma a dipingere le stanze del nuovo appartamento di Giulio II in Vaticano.
Ciò che maggiormente mette in crisi i suoi assunti ideologici e stilistici è indubbiamente il confronto diretto con Raffaello al quale viene affidata per intero la responsabilità dell’impresa vaticana a far data dall’ottobre 1509. Il legame tra i due artisti è una pagina misteriosa ed affascinante ancora tutta da decifrare e che va senz’altro letta non in direzione unica, ma secondo una dinamica di reciprocità che recenti studi ed acquisizioni testuali stanno mettendo in luce.
Il periodo che va dal 1509 al 1516 presenta larghe zone oscure riguardo agli spostamenti dell’artista veneziano. Il 18 ottobre 1511 è certamente a Jesi dove firma l’accordo con la Confraternita del Buon Gesù per un dipinto raffigurante la Deposizione e a Recanati dove firma la Trasfigurazione e il S. Giacomo Pellegrino per la Confraternita dei Nobili.
Il decennio successivo, quello degli anni bergamaschi, costituisce senz’altro la fase più felice e creativa del Lotto dopo i dubbi romani.
Alla fine del ’25 decide, dopo oltre 20 anni di assenza, di ritornare a Venezia, dove però l’astro nascente di Tiziano, con la sua pittura sensuale e gioiosa, gli preclude i favori della committenza.
Fortunatamente il lavoro gli viene garantito ancora una volta dalla provincia, da Bergamo soprattutto per la quale elabora i disegni colorati per le tarsie del coro di S. Maria Maggiore e dalle Marche verso cui indirizza imponenti pale d’altare. Datate 1531sono le due tele con S. Sebastiano e S. Rocco a Castelplanio ora conservate a Berlino; all’anno successivo risale il polittico di S. Lucia di Jesi e a seguire la Visitazione sempre di Jesi, la Madonna del Rosario di Cingoli e i Santi Rocco, Cristoforo e Sebastiano di Loreto, l’impressionante Crocefissione di Monte S. Giusto.
Nel 1538 il pittore è ad Ancona ed è qui che incomincia a scrivere il Libro delle spese diverse conservato a Loreto sul quale annota un po’ di tutto in un’umile cronaca fatta di commissioni di lavoro, di quadri fatti e venduti, di soldi ricevuti e da ricevere.
Il ritorno a Venezia nel gennaio del ’40 segna un momento di speranze deluse, di ricerca di una stabilità affettiva mai raggiunta, di riconoscimenti sempre negati dalla sua città natale.
Di nuovo sono le Marche ad offrigli rifugio e lavoro. Nel 1547 realizza l’Assunta di Mogliano e due anni dopo si trasferisce di nuovo ad Ancona per condurvi un’altra pala dell’Assunta per la chiesa di S. Francesco alle Scale.
Rimasto solo e senza soldi decide, nel ’52, di ritirarsi definitivamente a Loreto dove il governatore del Santuario gli assicura generosamente vitto, alloggio e la possibilità di seguitare a svolgere il proprio lavoro presso il convento. Trascorreranno due anni e il pittore matura la volontà di farsi oblato, una sorta di monaco laico, al servizio quasi esclusivo della Santa Casa.
Negli ultimi anni il Lotto esegue altre opere, in particolare dipinge per il coro del Santuario di Loreto una serie di tele raffiguranti Storie della vita del Cristo aiutato nell’impresa da alcuni allievi che tiene presso di sé nella bottega lauretana. In quegli ultimi anni lavora anche alla Pala Amici per la Cattedrale di Jesi purtroppo andata perduta. Quadro sicuramente autografo è la Presentazione al Tempio, pagina bellissima e conclusiva dell’artista che resta incompiuto.
Non conosciamo con certezza la data della morte che avvenne comunque tra il settembre del ’56 e il luglio del ’57 quando l’amministrazione della Santa Casa incassa tre fiorini e cinque bolognini per la vendita di un piccolo materasso già di Lorenzo Lotto.

index

Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l’utilizzo dei cookie.

Privacy policy