Palazzo Pianetti è il più significativo esempio di architettura settecentesca a Jesi. La famiglia Pianetti commissionò nel 1748 il progetto al pittore e architetto jesino Domenico Luigi Valeri.
L’edificio è costituito da un corpo centrale a due piani e due ali che si protendono verso il giardino all’italiana, chiuso da una terrazza che gira intorno al cortile. L’ingresso a piano terra, con colonnato e copertura a volta, si apre sul giardino e sul loggiato interno, dove si trovavano le scuderie e le botteghe. Uno scalone marmoreo a rampe sospese consente l’accesso ai piani superiori. Nel 1859 l’architetto Angelo Angelucci eseguì interventi di restauro in occasione delle nozze tra Vincenzo Pianetti e Virginia Azzolino.
Negli anni seguenti, a causa di gravi problemi finanziari, la famiglia Pianetti fu costretta prima ad affittare alcuni ambienti della loro residenza, poi a vendere l’intero palazzo.
Nel 1901 l’edificio venne acquistato dalla famiglia Tesei, ultimi proprietari prima della graduale e parziale acquisizione da parte del Comune di Jesi. Dal 1981 Palazzo Pianetti è sede dei Musei Civici.
La Famiglia Pianetti
Il primo membro della famiglia Pianetti di cui si ha notizia è Antonio, giunto a Jesi da Urbino a metà del Cinquecento.
La fortuna economica della casata inizia però con il nipote Marcantonio, affermato notaio che nel 1636, rimasto senza eredi, adotta il figlio della sorella Giulia: Giovanni Maria, il vero iniziatore degli attuali Pianetti.
I suoi due figli ricoprono entrambi importanti ruoli per la crescita della casata: Giuseppe, grandissimo avvocato nonché Vescovo di Todi, sarà il fondatore della Biblioteca Planettiana, mentre a Bernardo si deve l’acquisizione del grado di nobiltà nel 1659.
Gaspare Bernardo, nipote di quest’ultimo, è un grande estimatore di arte e architettura, al punto da rinunciare alle cariche pubbliche per viaggiare ed entrare in contatto con gli ambienti culturali più vivaci. Sarà proprio lui, nel 1748, a dare il via ai lavori del nuovo Palazzo Pianetti nel centro cittadino.
L’attuale impianto architettonico e decorativo del Palazzo si deve però al nuovo erede Vincenzo Pianetti, che nella metà dell’800 avvia i più importanti lavori di ristrutturazione in occasione delle sue nozze con Virginia Azzolino.
Suo successore è Bernardo, detto Dino, che, trasferitosi a Firenze, nel 1901 venderà il Palazzo alla famiglia Tesei, mantenendo, però, la proprietà di una villa nella campagna di Monsano, piccolo comune non troppo distante da Jesi.
Gli avvenimenti principali
I Pianetti, originariamente braccianti agricoli provenienti da Urbino, si stanziano a Castelplanio per lavorare le terre della famiglia Nobili.
I Pianetti, arricchitisi attraverso l'acquisto di case e terreni, fanno ormai parte della nobiltà jesina. Sono "nobili di penna", ossia avvocati, giuristi, notai.
Con Giuseppe Pianetti (1631-1709), avvocato di chiara fama, inizia la scalata sociale ed economica della famiglia: egli prende gli ordini sacri; ha incarichi importanti ad Avignone e a Napoli; è ambasciatore in Francia presso Luigi XIV; è priore della città di Jesi e Vescovo a Todi. Uomo dotato di immensa cultura, crea la Biblioteca Planettiana (vero simbolo di prestigio e cultura per la famiglia), oggi patrimonio della città.
Bernardo Pianetti, fratello di Giuseppe, acquisisce il titolo di nobiltà per 500 scudi.
I Pianetti diventano “Conti Palatini” per volontà del Papa.
Marcantonio Pianetti, affermato notaio, acquisisce il palazzo in contrada Valle (ex convento delle Clarisse) e ne fa la prima residenza della famiglia.
La famiglia Pianetti abbandona il seicentesco palazzo a Portavalle e Gaspare Bernardo Pianetti (Priore e Gonfaloniere esperto di arte e di architettura, amante dei viaggi tanto da avere contatti con le corti del Nord Europa) commissiona il progetto dell’attuale palazzo Pianetti all’architetto e pittore jesino Domenico Valeri.
Inizia la costruzione del palazzo, ma i lavori si protrassero per tutto il 1800.
Con il periodo napoleonico, la famiglia Pianetti, così come altre nobili famiglie locali, è sottoposta a ingenti imposizioni daziali. Inizia, così, un brutto periodo di crisi economica e nemmeno matrimoni importanti come quello celebrato nel 1859 tra Vincenzo Pianetti e la Contessa Virginia Azzolino (proveniente da una ricchissima famiglia fiorentina) riusciranno a risollevare le sorti del patrimonio della famiglia.
La “piccola Versailles” delle Marche viene privata di tante suppellettili, mobili, divani, specchi del Settecento, compresi gli sportelli decorati delle finestre. Si salvano l’immensa biblioteca di più di 15 mila volumi e l’archivio di famiglia, che nel 1907 saranno donati al Comune di Jesi.
Viene istituita la Pinacoteca di Jesi, con un notevole gruppo di sculture e dipinti già facenti parte dei beni delle Congregazioni religiose soppresse, che, grazie al decreto Valerio del 1866, vedono diventare i loro tesori artistici di proprietà comunale.
La famiglia Tesei acquisisce l’intero palazzo Pianetti, che versa in stato di abbandono.
Inaugurazione e apertura ufficiale al pubblico della Pinacoteca, ospitata da quella data nella ex chiesa di S. Floriano.
Grazie soprattutto alle donazioni di artisti e collezionisti, inizia a formarsi l'attuale collezione di arte contemporanea, che oggi comprende più di seicento opere.
Intanto, palazzo Pianetti sopravvive al periodo della guerra. Gli stucchi e tutti i dipinti del soffitto si salvano grazie a un controsoffitto posto per diminuire l’altezza della galleria e delle stanze.
La Pinacoteca viene spostata in Palazzo della Signoria, sede anche della Biblioteca Comunale Planettiana e del Museo Civico, portando avanti l’idea del bene culturale d’insieme. Molti, tuttavia, sono gli aspetti negativi che spingono l’amministrazione comunale a cercare una sede più idonea per conservare le ricchezze artistiche della città. Si pensa così al settecentesco Palazzo Pianetti.
Il Comune di Jesi acquisisce gran parte di palazzo Pianetti.
La collezione di arte contemporanea riceve il suo nucleo più significativo, costituito da opere di Orfeo Tamburi donate dall'artista stesso.
Il Comune di Jesi entra in possesso di ben trecento opere di Corrado Corradi, tra disegni, acquarelli, oli e pastelli donati dagli eredi.
La collezione di arte contemporanea si arricchisce di un cospicuo numero di opere di Betto Tesei, donate dalla moglie.
Dopo alcuni lavori di sistemazione, palazzo Pianetti apre ufficialmente le porte con la mostra organizzata dalla Provincia di Ancona “Arte Marche '74”. Nel frattempo, la collezione della Pinacoteca si arricchisce di significative opere sia per la sezione d’arte contemporanea, a seguito del Premio biennale “Città di Jesi – Rosa Papa Tamburi”, che per quella antica e moderna. Il Premio biennale “Città di Jesi – Rosa Papa Tamburi” nasce dalla volontà del noto pittore jesino Orfeo Tamburi di incrementare la collezione d’arte Contemporanea del Comune di Jesi. Istituito nel 1974, la prima edizione si svolge l’anno seguente, affermandosi subito come un prestigioso evento culturale che inserisce la città di Jesi nel circuito artistico nazionale. Il regolamento del premio subisce nel corso degli anni varie modifiche, mantenendo, però, fino al 2001 l’obbligo di donazione di un’opera d’arte da parte degli artisti premiati e l’organizzazione di una mostra personale per i vincitori da parte del Comune di Jesi (la sede espositiva è il Palazzo Pianetti-Tesei). Il finanziamento del premio è costituito dai proventi degli affitti di tre case di Orfeo Tamburi donate a tal fine al Comune di Jesi.
Dal 1975 al 1994, data della morte dell’artista, si svolgono nove edizioni del Premio Rosa Papa Tamburi.
Per celebrare Lorenzo Lotto viene allestita a Jesi una mostra dal titolo “La ruota del Lotto”, alla quale partecipano fra gli altri Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani, Omar Galliani, Luigi Giandonato, Gianfranco Notargiacomo, che lasciano in Pinacoteca le loro opere.
Alla V edizione, il premio Rosa Papa Tamburi, fino ad allora limitato solamente alla pittura, viene allargato alla scultura e alla grafica. Ogni edizione porta all’incremento del patrimonio artistico della Pinacoteca Comunale, che oggi vanta opere di grandi maestri italiani, tra cui Guttuso, Guidi, Cantatore, Morlotti, Cassinari, Trubbiani. Attualmente, dopo la modifica avvenuta al regolamento nel 2001, il premio si configura come un fondo acquisto intitolato a Rosa Papa e Orfeo Tamburi, che permette alla Galleria d’arte Contemporanea di Jesi di continuare ad arricchirsi di importanti opere d’arte. Ricordiamo l’acquisto nel 2002 di vari disegni di Biagio Biagetti e nel 2004 di una scultura di Edgardo Mannucci e un dipinto del Tamburi stesso, opere scelte con l’intenzione da sempre perseguita dal maestro Tamburi di valorizzare artisti marchigiani qualificati. La Galleria d’arte Contemporanea di Jesi accoglie grazie al premio e al successivo premio/acquisto una notevole collezione d’arte contemporanea che intende affermare la realtà artistica marchigiana sul piano nazionale e internazionale.
Inaugurazione della sezione d’arte contemporanea della Pinacoteca Civica, ormai composta da un ricco numero di opere, anche grazie alla mostra “La ruota del Lotto” del 1981-82, presso il primo piano di Palazzo Pianetti, già sede della collezione di arte antica e moderna. Le opere vengono collocate nelle attuali prime tre sale della Pinacoteca e l'attuale aula didattica viene dedicata a Orfeo Tamburi.
Vengono terminati gli ultimi lavori di restauro e viene realizzato l'attuale allestimento della Pinacoteca Civica. La sezione d’arte antica e moderna, che dagli anni ’80 continua ad arricchirsi, solo nel 2000 raggiunge la sua forma attuale, proponendo ai visitatori un percorso organizzato secondo un ordine cronologico a partire dalla seconda esedra della Galleria degli Stucchi, che ospita una grande bacheca dove si conserva una collezione quasi completa di vasi dell’antica farmacia settecentesca. Al maestro veneto Lorenzo Lotto vengono dedicate due prestigiose sale decorate con le storie di Enea, a cui è possibile accedere direttamente dall’entrata. Le opere esposte comprendono anche il materiale scultoreo, ceramico e fittile del Museo Civico e offrono al visitatore una panoramica completa delle testimonianze artistiche jesine a partire dal XV secolo fino ai nostri giorni, vantando lavori di artisti riconosciuti anche a livello internazionale. La collezione d’arte contemporanea, ospitata negli appartamenti ottocenteschi al secondo piano di Palazzo Pianetti, vanta un ricco gruppo di opere che vanno dalla seconda metà dell'800 fino ai nostri giorni.
Con la mostra "Raffaello e Colocci" vengono inaugurate le Sale Espositive Betto Tesei, un nuovo spazio utilzizato dal Comune per esposizioni temporanee che valorizzino il patrimonio conservato all'interno dei Musei.